Ieri, domenica, mi sono recato alla messa pomeridiana a San Miniato, come faccio spesso. Dopo la messa i monaci ed i conversi si sono come di consueto riuniti in cripta per il vespro. Ma qualcosa c’era per me di non consueto. Per la prima volta la salmodia dei monaci era accompagnata dall’organo. Lì per lì sono rimasto perplesso, perché il gregoriano è per sole voci. Poi l’armonia del suono e delle voci mi ha coinvolto in un’emozione che continuava a crescere. Non solo l’organo non sovrastava quelle voci, ma le assecondava con un sottofondo di toni profondi, quasi sommessi, con discrezione. Le voci limpide dei monaci venivano esaltate da un timbro sonoro, dimesso ma intenso, nel quale parevano cullarsi come fra le braccia di una madre. E quel tono austero nella cripta si riverberava sui muri di pietra, sui marmi delle colonne e dei capitelli, sulle volte affrescate, sciogliendo a poco a poco i lacci dello spirito, che si univa ad esso vibrando con le stesse onde.
E mi colpiva il fatto che quella notte avevo fatto un sogno vivido, colorato, che ricordavo perfettamente. Mi trovavo in una chiesa dalla navata immersa nella penombra, mentre ectoplasmi maligni si materializzavano fra le volte e le colonne e la infestavano, impaurendo i pochi presenti. Poi un giovane prete venuto da fuori si sedeva ad un organo e cominciava a suonarlo con note dolci e profonde. “Lei è davvero bravo all’organo”, gli dicevo. E ci accorgevamo che gli spiriti a quel suono lanciavano strida acute e freneticamente cercavano di sfuggirne. Nel sogno ebbi allora un’intuizione: il suono dell’organo allontana la negatività e li spiriti maligni. “Continui a suonare! Non lo tollerano! Per questo, padre, nelle chiese si suona l’organo!” dissi al sacerdote, il quale mi guardava stupito.
Qui improvviso il risveglio.
Un organo nel sogno, un organo nella cripta. Sappiamo che le coincidenze non esistono, sono solo un segno da interpretare.