Nella lingua ebraica “Arca” e “Parola” sono uno stesso vocabolo che, in italiano, può essere tradotto più o meno come “contenitore”.
La Parola come l’Arca è un Vaso che contiene il Pensiero. La parola è una vibrazione, un’onda, che consente al Pensiero di farsi creatore, irradiando la materia. Dunque la Parola primigenia è la Fonte da cui è scaturita e continua a scaturire tutta l’energia spirituale che pervade il cosmo.
L’Arca naviga sulle acque del diluvio come la Parola vibra sulle acque dello spirito. La Parola, che fluttua sopra l’acqua della vita, assorbe il tempo e lo sublima nell’eternità che già ne pervade gli attimi come il sangue la carne.
Se l’Arca è figura della Parola, ecco assumere un senso profondo il misterioso passo della prima lettera di Pietro:
“Cristo è morto…per ricondurci a Dio; messo a morte nel corpo, ma reso vivo nello spirito. E nello spirito andò a portare l’annuncio anche alle anime prigioniere, che un tempo avevano rifiutato di credere, quando Dio, nella sua magnanimità, pazientava nei giorni di Noè, mentre si fabbricava l’arca nella quale poche persone, otto in tutto, furono salvate per mezzo dell’acqua” (3,18-20).
Salvate per mezzo dell’acqua, non dell’arca come ci aspetteremmo, dice Pietro. Otto persone furono nell’arca – parola: otto è il numero dell’eternità, dell’ottavo giorno che segue i sette della creazione, quando il tempo si sgretola e la morte perde il suo potere. Otto è il cielo delle anime, otto è in geometria la figura di passaggio fra quadrato e cerchio, simboli rispettivamente di terra e cielo.
Il Cristo spirituale, pura Parola vibrante, discende nel profondo delle acque del tempo che, come un athanor, conservano la materia preziosa degli uomini. Quella materia che attende il calore dello spirito per sublimarsi nella propria eterna essenza angelica.