La possibilità che i medici denuncino i clandestini che si rivolgono loro per essere curati è contenuta nel disegno di legge sulla sicurezza in corso di approvazione. Si tratta di una norma barbara ed indegna della storia civile dell’Italia, contraria ai valori su cui si fonda la nazione e contraria alla deontologia medica.
Si tratta anche di una norma pericolosa: sappiamo che i clandestini sono spesso portatori di patologie infettive contagiose. Vanno curate per evitare che si trasmettano e degenerino in epidemie. Ma quale clandestino si rivolgerà al medico sapendo di poter essere denunciato?
Il governo appare succube della deriva rozza e xenofoba della Lega, una deriva che ricorda tanto gli slogan altrettanto primitivi e letali del fascismo. Eppure quali risultati sta ottenendo il pugno di ferro del leghista Maroni nel contrasto all’immigrazione clandestina? Io non ne vedo: Lampedusa è un’isola lager, dove i veri prigionieri stanno diventando gli abitanti. I riconoscimenti e le espulsioni sono difficili, perché questi disperati nessuno li rivuole indietro. L’Europa se ne infischia perché ogni stato pensa per sé. E allora come si argina questa invasione?
Consentiamo a questa gente di lavorare, evitiamo di lasciarli alla deriva nelle strade, bivaccando in condizioni disumane, costretti per sopravvivere ad entrare nell’esercito della delinquenza. Non vogliamo i lavavetri ai semafori, non vogliamo che i clandestini possano fare lavori, nemmeno precari, e non ci rendiamo conto che così li costringiamo ad entrare nelle nostre case per rubare e ad aggredirci per sopravvivere. La verità è che non siamo in grado di fermare l’invasione, allora regoliamola usando il buon senso e l’etica che ci deriva dalla nostra tradizione cristiana.
Cominciamo a togliere la norma ipocrita per la quale chi vuol dar lavoro ad un clandestino, che ha conosciuto e di cui si fida, deve prima far finta di rimandarlo al paese di origine perché da lì possa chiedere il nulla osta all’ambasciata italiana. Facciamolo lavorare e basta. Condizioniamo il lavoro all’accettazione delle norme scritte e non scritte che regolano la convivenza civile in Italia ed aiutiamolo ad inserirsi nella nostra società. Evitiamo il formarsi di etnie che si isolano per mantenere una cultura ed usi lontani incompatibili con i nostri.
Tante alternative razionali non ne vedo. Non sono i proclami e gli slogan di mussoliniana memoria che risolvono un problema epocale, pari forse solo a quello che travolse il tardo impero romano.