Il male, la sofferenza, la malattia, gli incidenti…Quante volte sentiamo levarsi il grido disperato: “Perché Dio hai permesso tutto questo? Tu non sei Amore!”
La malattia e la sofferenza non vengono da Dio: fanno parte della vita, dei ritmi della natura, nella quale tutto muore e tutto si rigenera. Siamo legati ad una concezione antromorfa della divinità, la quale come un buon pater familias tutto regola, tutto dispone e tutto comanda. Ed è un’idea che in fondo qualcosa di vero ce l’ha, perché ciò che è in alto è come ciò che è in basso, l’uomo è immagine e somiglianza di ciò o Colui che definisce Dio, è un microcosmo che ripropone in sé il Macrocosmo. Quella antromorfa è un’immagine simbolica che racchiude un mistero infinito e inafferrabile: come il padre è legato al figlio, così Dio è legato a ciò che genera da quella forza misteriosa che definiamo “amore”.
Abbiamo imparato a chiamare Dio un’energia possente, che origina, pervade e ordina il cosmo. Badiamo bene: non un’energia inanimata, come quella elettrica o quella elettromagnetica, ma un’energia intelligente che ha dato forma e vita all’universo ed a ciascuno di noi. La nostra mente è pregna di questa energia.
Il nostro corpo è materia, legata perciò ai ritmi e alle leggi di una natura, che è comunque animata dall’energia misteriosa di cui parliamo, sua quinta essenza. Ma la mente è della stessa sostanza di Dio. Non ne è solo immagine, bensì parte sostanziale. Come scriveva Dante: “Ormai si può comprendere cosa significhi mente: si tratta di quella sottile e preziosissima parte dell’anima che è divinità”.
Scavando con perseveranza nel profondo della nostra mente, possiamo dunque arrivare alla fonte stessa dell’energia che muove il cosmo: visita interiora terrae, rectificando invenies occultum lapidem. La preghiera, la meditazione, le pratiche mistiche che l’uomo religioso da sempre ha usato, sono la via per unire il microcosmo al macrocosmo, il simile col simile, la mente con la Mente.
Per questo l’uomo religioso ripete che Dio vuole la preghiera: “chiedete e vi sarà dato”. La preghiera permette all’energia eterna della mente di connettersi alla fonte inesauribile della vita e incanalarne una forza e una potenza tali da poter cambiare i ritmi e le leggi stesse della materia e della natura. Di sconfiggere il male, la sofferenza, la malattia. In una parola di ottenere quelli che la gente definisce “miracoli”.
Rimane un’obiezione: perché quando si manfesta il male, questa Mente totale non interviene autonomamente come un deus ex machina? Nel mistero che ci circonda non ci sono risposte, se non forse la consapevolezza che tutto fa parte di un ordine e di un movimento dove la morte è solo un necessario passaggio di stato, dove il dolore è solo uno stimolo che segnala il malfunzionamento di un meccanismo raffinato. Niente è male di per sé.
Forse nemmeno quell’odio selvaggio che può covare nel cuore dell’uomo: se l’Amore è l’energia centripeta che unisce l’universo, l’odio è la forza centrifuga che tende a disperdere, originando entrambi il moto vorticoso della spirale eterna della vita.