L’uomo “con continui desideri, sempre con festa aspetta la nuova primavera, sempre la nuova state, sempre e nuovi mesi, e nuovi anni, parendogli che le desiderate cose, venendo, sieno troppo tarde, e non s’avvede che desidera la sua disfazione” (Leonardo da Vinci).
Alzandosi la mattina si ha qualche volta la sensazione di doversi preparare ad un combattimento, o di dover sopportare un peso che ci grava addosso, o di dover affrontare una giornata uggiosa e consueta. E si resta per un po’ come sgomenti, desiderando cancellare il tempo e rimanere nel quieto torpore del sonno.
Eppure il tempo, tutto quanto, è una risorsa a nostra disposizione, una materia da plasmare come il vasaio la creta.
Il tempo è simile all’oro nero. Siamo come gli eredi un giacimento. A ciascuno viene assegnato un pozzo che ne estrae il petrolio. Fina a che non siamo in grado di incanalarlo questo si disperde. Quando è incanalato produce frutto e ricchezza. Non dobbiamo lasciare che il petrolio si disperda nella sabbia, perché con lui se ne va la nostra ricchezza.
Così è il tempo, il nostro oro nero. E’ la nostra ricchezza, non il nostro peso. Non disperdiamolo.
Il tempo è una serie di occasioni concatenate, il tempo è risorsa, il tempo è strumento. Ma, come l’oro nero, non è infinito. Ogni giacimento ha una fine. Non sappiamo quando si esaurirà: può durare un anno, dieci, cento. Poi ineluttabilmente e improvvisamente finirà e se l’avremo lasciato disperdere nella terra ci rammaricheremo perché la nostra occasione sarà passata per sempre.
Usiamo il tempo come una materia preziosa, modelliamolo, forgiamolo. Così trasmuteremo l’oro nero in oro bianco. Non nell’oro giallo che produce una ricchezza effimera, ma in quello bianco, il cui valore è inestimabile. E’ quell’oro di cui si adorna il capo dello Sposo, come recita il cantico di Salomone: “Il suo capo è oro, oro fino…”. Di quell’oro cingeremo allora anche la nostra fronte e risplenderemo con la stessa luce dello Sposo.