RenzoManetti

Immacolata Concezione – Maria Sophia

 

“Dall’eternità sono stata costituita, fin dal principio, dagli inizi della terra.

 Quando non esistevano gli abissi, io fui generata;

quando ancora non vi erano le sorgenti cariche di acqua;

prima che fossero fissate le basi dei monti,

prima delle colline, io sono stata generata.

Quando ancora non aveva fatto la terra e i campi,

né le prime zolle del mondo;

quando egli fissava i cieli io ero là;

quando tracciava un cerchio sull’abisso;

quando condensava le nubi in alto,

quando fissava l sorgenti dell’abisso;

quando stabiliva al mare i suoi limiti,

sicché le acque non ne superassero la spiaggia;

quando disponeva le fondamenta della terra,

allora io ero con lui come architetto” (Pr.8,22,30).

Il dogma dell’Immacolata Concezione di Maria,promulgato da Pio IX nel 1854, poneva fine ad una secolare controversia teologica, dovuta al fatto che esso è carico di una profonda valenza esoterica. Avversato da Bernardo di Chiaravalle, furono in particolare i francescani e fra loro Duns Scoto a sostenere questo attributo di Maria.

L’Immacolata Concezione non si riferisce come ancora molti credono al parto verginale di Gesù. Nel Messale Romano, edizione del 1936, con le bellissime incisioni di gusto art noveau dell’artista belga R. De Cramer, si legge: “Avendo da tutta l’eternità deciso di fare di Maria la Madre del Verbo Incarnato, Dio volle che dal primo istante del suo concepimento Ella schiacciasse la testa del serpente e la circondò di un ornamento di santità e fece della sua anima, che preservò da ogni macchia,un’abitazione degna del suo figliuolo”.

L’Immacolata Concezione è dunque il riconoscimento che la Theotokos, la Madre di Dio, possiede una natura superiore al resto dell’umanità.

A Lei il Messale Romano applica le parole del Libro dei Proverbi che ho sopra riportate, spiegando: “La Chiesa applica a Maria quello che Salomone disse della Sapienza, perché la Vergine è Madre del Verbo che è la Sapienza del Padre”.

Nei libri sapienziali dell’Antico testamento la Sapienza è sempre femminile. Sia in greco che in latino il termine che la indica è femminile: Sophia, Sapientia. L’identificazione con Cristo avviene con San Paolo (I Cor. 1,24) e con il prologo del Vangelo di Giovanni. L’evangelista, per evitare l’incongruenza lessicale di associare a Cristo un termine femminile, parla della parola di Dio, il Logos, per mezzo del quale tutto fu creato. Sia in latino che in greco il termine parola è infatti maschile o neutro: logos, verbum.  Si è così creata una sorta di dicotomia fra una sapienza femminile della Bibbia e una maschile, il Cristo, dei vangeli e delle lettere di Paolo. La chiesa di Oriente ha cercato di superarla definendo Maria Dimora della Sapienza e dunque associandola ad essa in modo indissolubile. Così le chiese di Kiev e Novgorod, intitolate alla Divina Sapienza, hanno come festa della dedicazione la Natività e la Dormizione di Maria. Un’iscrizione medievale nella chiesa di Santa Maria in Cosmedin a Roma, che era officiata con culto orientale, definisce senza ambiguità Maria coma Sapienza.

Anche il Medioevo occidentale ha cercato di superare la dicotomia maschile femminile della Sapienza, attraverso la figura di Maria, sia accostandola alla Sposa del Cantico dei Cantici, come nel mosaico del catino absidale di santa Maria in Trastevere, sia definendola come Sede della Sapienza. Le icone di Maria che tiene in braccio il bambino legano in modo chiaro il Verbo alla Madre. Le icone delle Madonne gravide, affini a quelle bizantine della Madonna cosiddetta platitera, rendono questo legame ancora più forte. La Madonna incinta tiene spesso in mano un libro: quel libro è Maria stessa nella quale viene scritto il Verbo. La parola non rimane senza il supporto nel quale viene impressa, il Verbo non è senza la sua Dimora. Maria è in un certo senso anche l’ostia dell’Eucaristia.

La mistica orientale ha anche tentato altre strade per indagare sulla natura della Sapienza e ne sono prova alcune icone arcane, nelle quali Sophia viene rappresentata come figura angelica femminile, una sorta di ipostasi di Cristo, il cui volto la sovrasta.La Madonna le sta accanto.

La teologia si affanna per ricondurre a categorie logiche ciò che è inesprimibile, dimenticando che nel sacro non c’è né maschile né femminile, che  le dimensioni apparenti del tempo e dello spazio non vi hanno alcun senso.

Così nella preghiera a Maria che conclude la Divina Commedia, Dante ne definisce la natura attraverso il paradosso dell’unione degli opposti: Vergine Madre, Figlia del tuo Figlio, umile e alta più creatura e, aggiungendo “termine fisso d’etterno consiglio”, dimostra, lui vicino ai Francescani Spirituali, di aver ben chiara la sua Immacolata Concezione, perché quelle parole affermano che Maria è presente nella Mente Divina fin dall’eternità insieme con il Figlio.

Quando dunque il Pensiero si condensò in Verbo e il cosmo nella vibrazione di quella Parola prese a formarsi, nel Verbo era presente anche sua Madre ed ella fu con Lui nella creazione. Il Figlio – Verbo non può infatti essere pronunciato, fin dall’origine del tempo e dello spazio, senza la Madre: la sua introduzione nel tempo implica fin dall’eternità la Madre.

La Madre è della stessa natura del Figlio.

Come Maria tutti noi siamo della stessa natura del Figlio, perché ella è immagine di quella che il sufi Sohrawardi definiva la nostra natura perfetta, la stessa di Dio, che giace nel nostro profondo. Quando recitiamo l’Ave Maria, il saluto di Elisabetta, possiamo rivolgerlo dentro di noi, dove Maria dimora con il Figlio.

La Chiesa cattolica, pur depositaria nel dogma di un mistero così profondo preferisce oggi ignorarlo e, dimenticata la propria tradizione sacra, nella festa dell’Immacolata ha abbandonato le letture dai libri sapienziali per inserirne altre meno impegnative: dalla Genesi viene letto il peccato di Eva e dall’evangelo di Luca l’annuncio dell’angelo Gabriele. Eppure le lettere del saluto dell’angelo, l’Ave, sono l’esatto contrario di quelle del nome di Eva. Vi è in quell’Ave un senso profondo che i più ignorano, dimenticando che nel sacro le coincidenze non esistono.

Così come non è una coincidenza che il dogma fosse promulgato nel 1854, un anno la  somma delle cui cifre dà il mistico numero nove.

 

 

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