Firenze ha un’anima grande.
E’ sempre stata una città tollerante, aperta al dialogo fra i popoli e le religioni. Nel Medio Evo fino a che i papi non le imposero il loro volere, fu tollerante con i Catari che vi ebbero addirittura sede vescovile. Gli uomini della società mercantile e della cultura difesero i Templari dalle accuse che venivano loro rivolte, così Dante, Boccaccio, Giovanni Villani. A Firenze il grande concilio che spalancò la porta all’Umanesimo nel 1439 riunificò, anche se per brevissimo tempo, le chiese cattolica ed ortodossa. I granduchi dei Medici praticarono la tolleranza, tanto che le città portuali di Livorno e Portoferraio furono centri multietnici e multireligiosi, dove musulmani, ebrei, greci ortodossi e cattolici convivevano. I granduchi di Lorena furono sovrani illuminati, da Francesco Stefano, a Leopoldo I che fece della Toscana il primo stato al mondo ad abolire la pena di morte. In Toscana si moltiplicarono nel XVIII secolo le logge massoniche, per tradizione e regola tolleranti ed aperte al dialogo. Nel secolo scorso un grande sindaco, Giorgio La Pira, fece di Firenze un centro internazionale di promozione della pace, dei diritti dell’uomo, del dialogo. Negli stessi anni personalità cattoliche, come il cardinale Elia dalla Costa, come don Lorenzo Milani, come padre Ernesto Balducci, furono all’avanguardia nella difesa della dignità dei più deboli e come il padre Giovanni Vannucci nel dialogo interculturale e interreligioso. Questa è la grande anima di Firenze. Questa è l’anima che dobbiamo risvegliare, l’anima della mistica di padre Davide Maria Turoldo.
Ma è con grande sconforto che vedo pubblicizzare su facciate ed autobus, sulla stampa e sui media, un cosiddetto Festival delle Religioni. A guardare il programma, si tratta in genere di eventi interessanti e correttamente costruiti: dibattiti fra esponenti delle religioni, presentazioni di libri e di opere d’arte che hanno per tema la mistica ed il dialogo interreligioso. Il tutto fatto con grande (e perciò un po’sospetta) profusione di fondi. Ma la cosa che non va è lo stile mercantile e frivolo che si è voluto dare alle manifestazioni.
Trovo sinceramente aberrante che si sia voluto chiamare Festival un appuntamento al quale partecipano invece persone serie. Così si mettono le religioni e la spiritualità di cui sono portatrici sullo stesso piano della frivolezza stucchevole di Sanremo, o dei concorsi di bellezza per le miss di qualunque tipo. Confrontiamoci su ciò che ci divide, è il motto del Festival, come se fossimo ad un concorso per la religione più bella, Miss Religione dell’anno.
No, questo proprio non mi va giù. Il sacro non può diventare merce da offrire in mostra, non può esser messo in passerella o sugli scaffali di un supermercato. Una cosa è il dialogo ed il confronto, un’altra la mercificazione.
Ciò che auspico è che l’anima della nostra città torni a risplendere, che Firenze torni ad essere la Casa dei diritti dell’uomo, della pace fra i popoli, del dialogo fra le religioni, della libertà, tolleranza e solidarietà per tutte le minoranze. Possiamo così rilanciarne il ruolo nel mondo, approfittando della visibilità che le attribuisce l’avere un Presidente del Consiglio fiorentino. Illuminiamo l’anima di Firenze: istituiamo un centro permanente per la Pace ed i Diritti delle persone, che amministri un premio per gli operatori della pace, dell’accoglienza e del dialogo. Sarà il nostro prestigioso piccolo nobel. Potremo consegnarlo nella basilica di San Miniato al Monte, questa cittadella dello Spirito che dall’alto del colle irradia la bellezza celeste sulla città e sul mondo intero. In questa cornice acquisteranno il giusto valore anche gli eventi legati al dialogo interreligioso.