Dossier Immigrazione
di Renzo Manetti
Sul Corriere della Sera dell’11 dicembre 2016 è apparso un articolo di Fiorenza Sarzanini “Dossier Immigrazione”, del quale riporto la parte iniziale:
“Sono 170 mila gli stranieri arrivati in Italia dall’inizio dell’anno, 17 mila gli espulsi e solo cinquemila i rimpatriati. Nell’anno più nero per i migranti, con 4.700 persone morte nel Mediterraneo, l’Italia paga un prezzo alto all’isolamento in cui l’ha costretta l’Europa. Le richieste di collaborazione a Bruxelles per un Piano di investimenti nei paesi di provenienza sono cadute nel vuoto, così come la possibilità di stringere accordi con gli stati africani. E così la media rimane bassa: soltanto per uno straniero su 10 scatta il provvedimento di effettiva espulsione. Il bilancio del 2016 si chiude dunque con il record di sbarchi e il fallimento del progetto che prevedeva la ricollocazione dei richiedenti asilo, ma anche di quello che aveva come obiettivo di far rientrare in patria chi non ha i requisiti per rimanere in Italia”.
Quella che varca i nostri confini è una migrazione epocale. Seppur prevedibile da decenni, ci coglie di sorpresa, ci disorienta e spesso ci atterrisce per la sua vastità e le sue implicazioni. E la paura fa perdere lucidità ed agire in modo irresponsabile. L’Italia non ha confini di terra da poter sbarrare con muri, pur sapendo che i muri non hanno mai fermato i movimenti di popoli: né i valli dei romani, né la grande muraglia, né il muro tirato su fra States e Messico. Il nostro confine è fatto di coste e spiagge ed è permeabile per sua natura, perché fin dall’antichità l’acqua è stata la via di comunicazione ideale. E lo è ancora. Chi cavalca la paura della gente per i propri fini ha buon gioco a proclamare che dobbiamo bloccare l’esodo via mare. Ma i proclami si limitano lì, perché ancora nessun demagogo ha avuto il coraggio di dire come fare.
Non possiamo infatti sparare sulle barche e ammazzare uomini donne e bambini. Per fortuna non siamo come gli assassini sadici da cui questa gente scappa.
Non possiamo evitare di soccorrere i naufraghi e lasciare che sia il mare a fare per noi il lavoro sporco. Anche senza considerare le leggi internazionali, non siamo come le bestie dell’ISIS.
Non possiamo rimorchiare le barche indietro fino alle coste da cui provengono. Vengono infatti dalla Libia, che è in piena guerra civile e dovremmo farlo sparando: vorrebbe dire entrare in guerra, perché su quella sponda non c’è più un governo, mentre gli scafisti controllano i gangli del potere con la corruzione e la minaccia.
Allora non ci resta che accettare la migrazione e cercare di regolarla. Ma purtroppo da soli, perché l’Europa ci è contro e far finta di credere alle parole dei politici d’oltralpe ci fa solo passare da stupidi.
Dunque come?
Qualche strada c’è.
Denunciamo innanzitutto il trattato di Dublino: evitiamo di riprendere i profughi che i paesi europei ci rimandano indietro. Chiudiamo anche noi le frontiere a nord visto che dall’Europa le chiudono a sud, cioè le nostre. Facciamo con l’Europa quello che l’Europa fa con noi. Impediamo lo sbarco nei nostri porti alle navi straniere che raccolgono naufraghi: li portino nel loro paese. Gli accordi internazionali devono valere nei due sensi altrimenti vanno denunciati.
C’è poi un’altra iniziativa che dobbiamo perseguire, costringendo l’Europa a sostenerci almeno in questo. Abbiamo già in Libia un ospedale militare richiestoci dal governo di Tripoli. Compriamo a suon di miliardi, come si è fatto con la Turchia, il diritto di creare i nostri centri di accoglienza in Libia, protetti dai nostri militari: i nostri soldi, anzi i soldi europei, sono buoni come quelli che gli scafisti con tutta evidenza pagano ai governicchi libici. E quando soccorriamo le carrette del mare, portiamo lì i profughi. Il viaggio è anche più breve. Tanto ormai li recuperiamo tutti, non dico nelle nostre acque territoriali, ma in quelle libiche, anzi vicino alla spiaggia da cui partono. E’ il motivo per cui quest’anno neppure l’inverno ha fermato l’esodo: tanto sanno che le miglia da fare per essere soccorsi sono pochissime. E nei centri oltremare selezioniamo chi ha veramente diritto all’asilo. Quelli, e solo quelli, accompagniamoli noi in Italia, su navi sicure, fermando una strage che è già durata troppo a lungo. Non ditemi che è impossibile, perché i miliardi di euro fanno gola a tutti, non solo ai Turchi. Il problema forse è che fanno gola anche da noi…
Detto questo, i profughi che dobbiamo ed i migranti che possiamo accogliere cerchiamo di inserirli nella nostra società, consentiamo loro di cercare lavoro a parità di condizioni con i nostri concittadini, insegniamo loro la nostra lingua, ma in cambio pretendiamo che accettino le nostre leggi ed i nostri costumi. Fra queste leggi anche la possibilità di identificazione delle persone: il burqa va proibito. Chi non rispetta le regole del Paese che lo accoglie va espulso. Ma deve esserlo per davvero. Non possiamo avere 17 mila espulsioni di carta e solo 5 mila rimpatri. Per le espulsioni non limitiamoci ad inutili fogli di via, che altro non sono che passaporti verso la delinquenza: concentriamo gli espulsi in un’Ellis Island italiana da dove non possano scappare, finché non riusciamo a riportarli nel loro paese di origine.
Ma tutti gli altri, per amor di Dio, integriamoli o aiutiamoli, con ogni mezzo, a ricongiungersi con gli amici ed i parenti oltre la frontiera nord. E accettiamo infine il fatto che, volenti o nolenti, nonostante le inutili invettive di Salvini, nei prossimi anni l’Italia diventerà un paese multirazziale come gli USA, che perciò non dobbiamo cercare di impedire un cambiamento inevitabile, ma sforzarci di regolarlo in modo da ridurne gli inevitabili traumi.