“Laudato so’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale,
da la quale nullu homo vivente po’ scappare” (San Francesco d’Assisi)
E’ una costante dell’esperienza di mistici, cabbalisti, alchimisti, il fatto che il raggiungimento dello stato mentale di connessione col divino, o se preferiamo col mistero cosmico, si ottenga nel silenzio e nell’oscurità della notte. Quelli lo chiamano estasi, altri trance, altri visione,ma si tratta di uno stesso stato mentale.
Il cuore della notte è infatti il momento del maggior silenzio e assenza di luce, oggi difficile da ottenere nelle nostre città, dove inquinamento luminoso ed acustico sono perenni. I mistici di ogni religione si ritiravano e si ritirano ancora oggi lontano dai luoghi abitati, alla ricerca del silenzio.
E’ quando i sensi si assopiscono, che la mente personale si immerge nella Mente universale, quella che le religioni chiamano Dio. Nello stato dell’estasi o di trance gli occhi non vedono, le orecchie non odono, la carne non avverte dolore o sensazioni, tutti i sensi smettono di funzionare. Un solo sovrasenso sovrasta tutto, quello che è pura intelligenza mentale.
Per intelligenza intendo la capacità di intelligere, nel significato dell’etimologia latina, cioè di collegarsi ad uno stato che è altro dalla realtà sensibile. La fisica dei quanti ci ha dimostrato che la realtà non è quella che appare ai sensi, ma una dimensione misteriosa (o più dimensioni?) nella quale le leggi della fisica ordinaria ed il tempo non hanno più luogo. Penso che la nostra mente abbia la facoltà di costruire un ponte tra il sensibile e l’oltresensibile.
E’ quanto un’iscrizione latina sul pavimento della basilica di San Miniato al Monte in Firenze sibillinamente afferma: “ Il tempo e la morte non hanno potere“.
“Sorella morte corporale”, la morte del corpo, fine di ogni sensazione che i sensi trasmettono alla mente, è forse allora lo stato perfetto, che permette di uscire dalla gabbia del sensibile e di accedere ad una dimensione eterna, fuori dal tempo e dallo spazio, quella che i mistici ricercano ed assaporano per rare occasioni già in vita.
Nella mente esiste una facoltà che va oltre i sensi? Un’energia silente che è quella stessa che muove il cosmo? Un’energia simile a quella della luce? Gli antichi la chiamavano anima, o spirito. Illuminazione definivano spesso il suo sprigionarsi, perché quest’energia irradia luminosità.
Nel silenzio totale dei sensi che segue alla morte del corpo si spalanca, io credo, una dimensione diversa. La tradizione afferma che non vi si accede subito, che non è immediato il riattivarsi della facoltà che trascende i sensi ed è pura energia mentale. Attenzione: ho scritto mentale, non cerebrale, che non è la stessa cosa. I neoplatonici latini usavano infatti il termine mens, per indicare l’anima.
Il risveglio non avviene subito: Cristo è risorto dopo tre giorni, la tradizione occidentale chiedeva di aspettare tre giorni per seppellire un defunto e in questo lasso di tempo i congiunti lo vegliavano. La veglia non serviva solo ad evitare le morti presunte, ma ad aiutare la dissociazione dell’anima – mens da quel che resta del corpo insensibile ed a risvegliarla nella dimensione nuova. Oggi si esorcizza e si cerca di nascondere la morte come qualcosa di vergognoso, i defunti si corre a seppellirli o a cremarli prima possibile. E così si lasciano forse le loro anime sole nella paura.
Mi piace citare le parole che Milarepa, nel film di Liliana Cavani, sussurra all’orecchio del maestro morto: “Puoi passare se vuoi…volare via leggero…Hai davanti il tempo senza giri di sole e di luna…Non ci sono né tuoni né parole inutili. Tutto è silenzio. Oppure qualcosa ti tiene ancora legato….Hai paura…eppure tu lo sai che la paura è frutto dell’illusione, dell’inganno…Liberati…la paura ti ingombra, ti fa inceppare, liberati…Sei un Budda, un libero, per quello puoi sorridere…”.
Ricordo che anni fa, accanto alla bara di un amico morto, mia moglie ebbe un brivido e mi disse sottovoce: “E’ ancora lì, ne sento la paura…Non sa come andarsene”.
Chi nel corso dell’esistenza abbia già cercato l’eterno, con la preghiera, con la meditazione, penso che esca più facilmente dallo stato di morte. Che più facilmente si attivi in lui/lei la facoltà mentale (non cerebrale) che introduce nella dimensione dove tutte le dimensioni sono avvolte e comprese. Penso al contrario che una vita, condotta solo nella cieca gabbia dei sensi, alla morte del corpo si immerga nella tenebra assoluta, nella totale assenza di suoni, in una paura oscura senza nome. Solo con difficoltà riuscirà alla fine a uscirne; e forse qualcuno non ne uscirà.
E’ questo ciò che gli antichi chiamavano Purgatorio e Inferno? Non il fuoco, non i tormenti di un corpo che non c’è più, ma una prigione di oscurità, di silenzio, di totale assenza di ogni sensazione.
E’ questo il vero significato delle parole di San Paolo: “Se vivete secondo il corpo morirete; se invece con l’aiuto dello Spirito fate morire le cose del corpo, vivrete” (Rm, 8, 13)?
Vivendo già l’esistenza sensibile nella luce, costruiamo il nostro risveglio nell’energia luminosa alla quale apparteniamo da sempre.